La maternità rappresenta una delle esperienze più trasformative nella vita di una donna. È un passaggio esistenziale che va ben oltre l’aspetto biologico e che coinvolge profondamente la sfera psicologica, emotiva e identitaria. Se da un lato può generare un senso profondo di realizzazione e appartenenza, dall’altro può attivare vissuti ambivalenti, vulnerabilità emotive e conflitti interiori.
Maternità e identità: un equilibrio dinamico
Diventare madre non è solo “aggiungere un ruolo” alla propria esistenza, ma è spesso un processo di ridefinizione del proprio sé. Molte donne raccontano di sentirsi “diverse” dopo la nascita di un figlio/a: alcune si sentono più forti, più centrate; altre, al contrario, sperimentano spaesamento, fatica e perfino una sensazione di perdita della propria individualità.
Questa complessità non è segno di debolezza, ma parte integrante del processo psicologico che accompagna la transizione alla maternità.

Maternità e vissuti contrastanti
1. Cambiamenti ormonali e neurobiologici
Durante e dopo la gravidanza, il corpo femminile attraversa importanti trasformazioni ormonali. Queste alterazioni non influenzano solo il fisico, ma incidono direttamente sulla regolazione dell’umore, sui livelli di energia e sulla sensibilità emotiva. È noto che il periodo post-partum rappresenta una finestra critica e delicata per lo sviluppo di disturbi come la depressione post-partum o l’ansia perinatale.
2. Nuove responsabilità e carichi mentali
Accudire un neonato richiede presenza costante, energia e capacità di rispondere a bisogni continui, spesso senza pause. Questo sovraccarico, unito a una possibile deprivazione di sonno e alla mancanza di tempo per sé, può generare una sensazione di “perdita di controllo” e inadeguatezza.
3. La pressione del “mito della madre perfetta”
Viviamo in una società che veicola immagini idealizzate della maternità: madri sempre serene, realizzate, instancabili. Questa narrazione parziale può indurre senso di colpa, vergogna o fallimento in tutte quelle donne che, legittimamente, faticano, si arrabbiano, si sentono ambivalenti o hanno bisogno di aiuto.
Cosa possiamo fare per sostenere le madri?
Essere consapevoli delle sfide psicologiche che possono accompagnare la maternità è il primo passo per affrontarle in modo sano e costruttivo. Ecco alcune strategie fondamentali:
- Normalizzare la complessità emotiva: accettare che si può amare profondamente un figlio/a e, allo stesso tempo, sentirsi sopraffatte o desiderare uno spazio personale. L’ambivalenza non è un segno di fallimento, ma parte della complessità umana.
- Costruire reti di supporto: la solitudine è uno dei principali fattori di rischio per il disagio materno. Gruppi di sostegno, confronti con altre madri, consulti con professionisti della salute mentale possono offrire sollievo, strumenti e un senso di appartenenza.
- Diritto al tempo personale: anche pochi minuti al giorno dedicati a sé stesse possono contribuire a ricaricare le energie e a mantenere viva una connessione con la propria identità individuale, al di là del ruolo materno.
Ridefinire l’identità: non perdere sé stesse, ma trasformarsi
La maternità non è un’identità che si sovrappone e cancella tutto il resto: è piuttosto un processo di integrazione, dove i diversi aspetti del sé — donna, professionista, partner, figlia, sorella, amica — trovano nuove modalità di espressione.
Riconoscere il proprio diritto a esistere anche al di fuori della relazione madre-figlio è un atto di cura verso se stesse e verso i propri figli. Una madre che si sente vista, sostenuta e autenticamente connessa al proprio mondo interiore sarà più disponibile emotivamente e relazionalmente anche per il proprio bambino/a.
In conclusione
Essere madri è una straordinaria avventura, ma non un compito da vivere in solitudine né una prova da superare “perfettamente”.
È un percorso che merita di essere sostenuto, rispettato e valorizzato nella sua ricchezza e complessità.
Dott.ssa Anna Scarafile – Psicologa