Molto spesso, quando si parla di metodo di studio, lo immaginiamo come una formula magica da applicare per ottenere risultati ottimali. Schermi pieni di colori, mappe concettuali, liste di cose da fare. Tuttavia, dietro la superficie, il vero “metodo” di studio non è altro che un insieme di pratiche personali e in continua evoluzione, che dipendono da molti fattori: il grado di maturità cognitiva ed emotiva, le difficoltà individuali e, soprattutto, la consapevolezza che l’apprendimento è un processo dinamico.
Il metodo di studio non è (solo) una tecnica
Iniziamo con una riflessione fondamentale: il metodo di studio non è un insieme unico di tecniche applicabili a tutti, ma un processo complesso che coinvolge vari aspetti cognitivi e psicologici: per essere davvero efficace deve rispecchiare la personalità e le caratteristiche cognitive di chi lo utilizza. L’apprendimento riguarda anche la gestione delle emozioni, il monitoraggio del proprio livello di concentrazione e la valutazione del proprio progresso. Le strategie vanno costruite e pensate passo dopo passo, includendo non solo tecniche pratiche, ma anche la riflessione su come studiare, su cosa ci aiuta a memorizzare meglio e su come rimanere motivati quando lo studio diventa difficile.
Il metodo di studio varia a seconda dell’età evolutiva, perché ogni fase porta sfide e risorse specifiche:
- Infanzia (6-10 anni): prevale la memoria visiva e uditiva, l’apprendimento avviene per ripetizione e associazione. Importante il supporto adulto con routine e strumenti come colori o immagini;
- Pre-adolescenza (11-13 anni): cresce la consapevolezza dei propri processi di apprendimento; utili scrittura e mappe concettuali. Inizia la gestione dell’autonomia nello studio, pur con supervisione;
- Adolescenza (14-18 anni): si ricerca autonomia cognitiva e si sperimentano tecniche diverse. L’emotività influisce particolarmente sulla motivazione e divengono utili strategie di gestione dello stress e del tempo.
Il ruolo degli adulti: guida, non controllo
Genitori e insegnanti hanno un ruolo fondamentale nella costruzione del metodo di studio, ma è importante che non impongano soluzioni rigide. Il loro compito è guidare il ragazzo verso la consapevolezza delle proprie modalità di apprendimento, non forzarlo a seguire un processo prefissato.
Il primo passo per l’adulto è osservare senza giudicare. Serve tempo per capire come e perché il bambino o l’adolescente si approccia allo studio in un certo modo. Questo significa non solo osservare il processo, ma anche cogliere segnali emotivi e cognitivi: il ragazzo è ansioso? Fatica a concentrarsi? Perde tempo nei compiti?
Successivamente, l’adulto può stimolare la riflessione con domande come: “Cosa ti aiuta a ricordare meglio questa materia?”, “Quando ti è più difficile concentrarti, cosa accade?” oppure “Come ti senti quando non riesci a finire un compito?”. Queste domande sviluppano la consapevolezza metacognitiva, cioè la capacità di riflettere sul proprio modo di apprendere. Le risposte offrono indicazioni preziose per comprendere le strategie del ragazzo e orientare lo studio in modo più efficace. Porre domande promuove anche l’autonomia: non si tratta di dare sempre la risposta giusta, ma di aiutare il giovane a trovare la propria strada e a capire perché una strategia funziona o meno. In questo senso, insegnare a riflettere non solo sui risultati (ad esempio il voto), ma sul processo che li ha resi possibili, è un compito chiave dell’adulto. Invece di dire semplicemente “Hai preso 7 in storia, bene”, è più utile chiedere “Cosa pensi ti abbia aiutato a studiare meglio questa volta?”. Questo spostamento di prospettiva rafforza la capacità di apprendimento autonomo.
Un altro aspetto centrale è offrire libertà di scelta. La scuola e la casa non devono essere luoghi di eccessivo controllo, ma spazi dove il ragazzo possa esplorare modalità diverse di apprendimento. Questo favorisce una mentalità di crescita, ossia la consapevolezza che è possibile migliorare attraverso l’impegno e la riflessione.
Infine, lo studio non è solo cognitivo: emozioni come ansia o frustrazione influiscono fortemente sull’apprendimento. L’adulto deve fungere da modello emotivo, insegnando strategie di gestione dello stress e, soprattutto, riconoscendo progressi e sforzi. Il rinforzo positivo costruisce fiducia, motivazione e sostiene un approccio più sereno ed efficace allo studio.

In conclusione
Lo scopo del metodo di studio è quello di imparare a conoscere come si apprende, sviluppando autonomia, consapevolezza e resilienza e l’adulto può svolgere un’importante ruolo a sostegno di un efficace modo di apprendere.
Dott.ssa Alessia Ravani – Psicologa